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Archive for the ‘Dal mondo’ Category

Cresce in Africa il network del calcio cooperativo

Posted by thepeoplesgame su 31 luglio 2012

Traduzione da stories.coop

Football, association football, or soccer? Chiamatelo come più vi piace, è lo sport più popolare del mondo. E, sebbene non sia pubblicizzato, la migliore squadra di calcio del 2012, il Barcellona, è un club gestito su principi cooperativi, di proprietà dei suoi membri o “socios”. Il modello cooperativo funziona ai massimi livelli dello sport. E un network di società sportive cooperative sta dimostrando che funziona anche per il movimento di base in Africa. Sandlanders Football è il network attraverso il quale la comunità globale può diventare socio di quattro diversi club calcistici cooperativi in Ghana, Liberia, Kenya ed Uganda. Il network Sandlanders è composto da Keta Sandlanders in Ghana, Ligi Ndogo SSC in Kenya, VOA Sandlanders nella capitale della Liberia, Monrovia and Mutundwe Sandlanders in Uganda. “Il network sta crescendo e includerà presto vari altri club da tutta l’Africa, che ha già una forte tradizione di community ownership nello sport” dice Paul Jones, cofondatore di Sandlanders. I club vengono tutti da inizi modesti. Nel caso del Mutundwe Sandlanders il fondatore Chris Kalibbala inizò con le competizioni “Nsolo Nnene” (grandi animali) e “Nsolo Ntono” (piccoli animali). Hanno giocato per i primi sette anni su un terreno edificabile, ripulito ma poi abbandonato. Quando i lavori di costruzione sono ripartiti, la squadra si è trovata senza una casa fino a quando una famiglia del posto non l’ha aiutata con un nuovo terreno. E, nel modo tipico cooperativo, i club Sandlanders sono coinvolti in progetti di cui beneficiano le rispettive comunità locali. Nel caso del Mutundwe è fornire un posto dove prosperare per i giocatori di talento provenienti da tutta Kampala, la capitale dell’Uganda. Nel caso del Keta Sandlanders, il club sta lavorando a dei piani di sviluppo per un nuovo centro per la comunità ed un campo da gioco.

 

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Storie di calcio e cooperazione: Keta Sandlanders

Posted by thepeoplesgame su 13 gennaio 2012

(traduzione da stories.coop, il sito che raccoglie storie da tutto il mondo per celebrare il 2012 come Anno Internazionale delle Cooperative)

“Sono africano. So in cosa credono gli africani. Gli africani credono in quello che vedono.” Il teologo Kodzo Baba ha visto il deterioramento della città in cui è nato. È stato testimone del restringimento della sua amata Keta. Il porto costiero era una volta la seconda più grande città del Ghana. L’erosione della costa ha lavato via le case e ha costretto le aziende a chiudere. Dimostrando l’imparzialità delle sue maniere, la natura ha lasciato il re tribale senza il suo palazzo da 27 acri, lavato via dalle grandi onde che hanno colpito quella parte del litorale.

Ora Kodzo Baba può vedere una via d’uscita. Può vedere un modo per incoraggiare i giovani a restare nella comunità e può vedere un modo per incoraggiare le aziende a tornare. È il calcio. In un Ghana devoto al calcio, il club dei Keta Sandlanders sta portando sviluppo economico nella zona. Sta portando un senso di comunità. Sta addirittura portando qualcosa al calcio ghanese. Sta dimostrando una nuova via d’uscita per lo sviluppo del calcio, una nuova struttura che dà ai membri del club una voce ed una parte da recitare nel futuro della loro squadra. Il club calcistico di seconda divisione Keta Sandlanders è una cooperativa. Ai dirigenti ci si riferisce apertamente come elefanti bianchi. Le decisioni reali riguardo il club sono prese dalla sua gente. Kodzo Baba sa che gli africani credono in quello che vedono. “Ecco perché vogliamo dare vita a questo club sulla base della cooperativa” dice. La gente può vedere che la struttura rimette il potere nelle loro mani e nella comunità. Ora, non è solo il calcio che sta beneficiando della cooperativa. I progetti per costruire un nuovo campo si affiancano a quelli per un centro per la comunità, che ospiterà workshop sulla salute, sulla formazione degli agricoltori, su modi per continuare a risoffiare la vita nella comunità di Keta. Kodzo Baba ha l’ultima parola. “In Africa diciamo che quando trasporti qualcosa al livello delle spalle la gente ti aiuterà a mettertelo sulla testa.”

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Sandlanders Football: il network dei community club africani

Posted by thepeoplesgame su 25 ottobre 2011

Aiutare l’Africa a crescere, in modo responsabile e sostenibile, tramite le cooperative (come quella dei produttori del davvero divino Divine Chocolate) e valorizzando il calcio come motore dello sviluppo, generatore di risorse e motivo aggregazione dei membri della comunità: è quello che si propone Sandlanders Football, un network di club africani, che sono veri e propri community club, cooperative con un occhio di riguardo per lo sviluppo delle infrastrutture e per i programmi a beneficio delle comunità di riferimento.

Si sviluppa quindi su tutto il continente il modello del Keta Sandlanders (Ghana), il primo community club africano, da cui il progetto prende origine e nome, a cui si sono aggiunti VOA (Liberia) e Mutundwe (Uganda). Il Keta Sandlanders è una cooperativa dal 2008 e partecipata alla terza serie, suddivisa in mini gironi regionali in cui la squadra ha ottenuto buoni risultati. Il Mutundwe, dal 1987 squadra di Kampala, ha formato alcuni tra i giocatori più importanti a livello nazionale grazie alla scuola calcio e al settore giovanile di prestigio nonostante la prima squadra partecipi ad un torneo regionale. Ci sono anche molte tifose ed una formazione giovanile. Il VOA, squadra di Monrovia dal 2007, gioca nella quarta serie nazionale e si propone come strumento di unità e riconciliazione a livello locale in una fase in cui il calcio è un importante veicolo dell’unità nazionale e dell’immagine della Libera all’estero.
Il prossimo ingresso sarà quello dei kenyoti del Ligi Ndogo, un’accademia giovanile la cui prima squadra gioca nella seconda serie nazionale con l’ambizione di arrivare presto in quella maggiore. La caotica situazione a livello di istituzioni calcistiche, con due diversi concorrenti per il controllo a livello nazionale, ha di fatto bloccato le promozioni e quindi le speranze dei vari club. Intanto però il Ligi Ndogo è all’opera affinché la prima squadra diventi una cooperativa e sta valutando i possibili progetti per la comunità.

Ci sono squadre sia professionistiche che dilettanti: nel medio lungo periodo l’obiettivo è vederle salire  di categoria e partecipare alle competizioni continentali. Intanto, nel 2012 tutti i club aderenti si sfideranno in un torneo per celebrare quello che per l’ONU è l’anno delle cooperative.
Uno degli obiettivi del network è di far crescere il numero dei tifosi e rafforzare il loro legame con le rispettive squadre, combattendo così il calo di interesse e di sostenitori  (e quindi anche di incassi al botteghino) dovuto alla crescente popolarità dei campionati europei trasmessi in tv. Campionati a cui partecipano le stelle africane, come Drogba, Eto’o o Boateng – ma la realtà dei tornei nazionali nel continente è fatta di club con poche risorse e ancora meno infrastrutture a disposizione.

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Un torneo per la fan ownership in Israele, i trust supportati da un ex star del calcio nazionale

Posted by thepeoplesgame su 8 settembre 2011

Un torneo di calcio per chiedere una migliore governance: lo hanno organizzato sei supporters trust israeliani, ospiti dei tifosi dell’Hapoel Kfar Saba, per promuovere le loro richieste di un maggiore coinvolgimento nella gestione dei club ed una presenza più forte delle società sportive nella comunità, oltre che prezzi più bassi per abbonamenti e biglietti e più partite in chiaro tra quelle trasmesse in tv. Tutto questo in modo da portare più pubblico negli stadi e realizzare l’enorme potenziale del rapporto tra i club ed il loro territorio e le comunità di riferimento.

Nel corso dell’evento, Eli Yani, ex capitano dell’Hapoel Kfar Saba, ex giocatore dela Nazionale ed ex presidente dell’associazione calciatori, ha detto: “la trasparenza è vitale e basilare, e voi trust siete il ponte tra i club e la comunità.” Parole che non ci si immaginano uscire dalla bocca di un simbolo del calcio nazionale, da noi come in altri Paesi europei.

Israele ci fa vedere invece come anche un Paese piccolo e complicato, dal calcio di livello minore ma con i club disastrati, possa far crescere un movimento forte per la fan ownership, la partecipazione dei tifosi e il riavvicinamento di club e comunità.

Il torneo è stato vinto dall’Hapoel Katamon di Gerusalemme, il primo community club israeliano (le altre squadre partecipanti erano Hapoel Ramat Gan, Maccabi Netanya, Hapoel Petach Tikva, Hapoel Kfar Saba e Maccabi Jaffa. L’evento era associato anche all’ottava edizione di una manifestazione contro il razzismo e la violenza. La fotogallery.

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Offside, dall’Iran finalmente nei cinema italiani

Posted by thepeoplesgame su 8 aprile 2011

Esce oggi in Italia, inedito, Offside, il film del 2006 di Jafar Panahi, premiato con l’Orso d’Argento a Berlino,  che racconta il regime iraniano attraverso la storia di un gruppo di donne così coraggiose da sfidare il regime per assistere ad una partita di calcio, per legge permessa solo agli uomini, per poi finire davanti alla buoncostume. Ad ispirare il regista, ora agli arresti domiciliari e condannato a non lavorare per 20 anni, l’ingresso di sua figlia allo stadio, travestita da ragazzo, per un allenamento della nazionale. Un film documentario da non perdere per chi vive vicino a una dei purtroppo soli 22 cinema dov’è in programmazione.

La trama: Iran. Una ragazza, per assistere a una partita di calcio, si traveste da uomo e sale sul bus che porta i tifosi allo stadio. Purtroppo, durante le perquisizioni al checkpoint viene scoperta e confinata all’interno di un recinto adiacente allo stadio, dove sono state rinchiuse altre donne, anche loro tifose mascherate sotto abiti maschili. Oltre all’ingiustizia di non poter assistere alla partita, le malcapitate devono sottostare ad una serie di abusi psicologici. Sono costrette infatti ad ascoltare da fuori il tifo dello stadio senza essere al corrente di ciò che accade all’interno e devono subire le ingiurie e le beffe da parte di guardie totalmente indifferenti al mondo del pallone. Nonostante tutto, però, alla prossima partita, le ostinate tifose tenteranno di nuovo il tutto per tutto pur di ammirare in azione i giocatori della loro squadra del cuore…(www.comingsoon.it).

Una interessante recensione.

Il trailer

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Keta Sandlanders F.C., il Barcellona d’Africa

Posted by thepeoplesgame su 16 dicembre 2010

5 sterline per sostenere una squadra di calcio africa, di proprietà di tutti i tifosi-soci sparsi per il mondo e raccolti grazie ad Internet. Sembra “squadra mia”, ma il paragone si ferma all’idea di utilizzare il web per cercare i partecipanti e finanziare l’iniziativa. lI Keta Sandaladers F.C. è infatti un club della seconda divisione ghanese impegnato non solo nel calcio ma anche in progetti a sostegno della comunità locale, con’lambizioso obiettivo di diventare “il Barcellona d’Africa”, “più che un club” quindi, radicato nel tessuto sociale, cultutrale economico della propria area, con una prorpietà diffusa sul territorio e in tutto il mondo grazie alle nuove tecnologie, e con un’importante attività di sostegno alla popolazione locale. Keta è una città costiera fondata dagli olandesi e significativamente danneggiata dall’erosione delle coste da parte del mare, fenomento che ultimamente è stato combattuto in modo efficace. La sua storia calcistica risale agli anni ’50. Il club, che mira a raggiungere la prima serie ghenese, è organizzato in modo democratico, secondo il principio una testa un voto, e tutti i profitti vengono reinvestiti nell’attività sportiva ed in quellle per la comunità. Sono sempre aperte le porte per soci, sponsor, altri trust o altri club fan-owned in modo da creare delle partnership. E via Internet si cercano “football fans with a coscience” di tutto il mondo.  Il contributo, 5 sterline, è davvero irrisorio, un quinto di quanto richiesto per l’Ebbsfleet, il club del my football club, lo squadra mia inglese, e per una causa ben più significativa. $ sterline vengono investite nel club, quella restante si divide a metà tra l’ente benefico Afrikids ed i progetti per la comunità). L’allenatore fa anche da amministratore ed è un esperto IT: il sito web del Keta Sandlanders F.C. fa invidia a quelli di molte società del professionistico italiano. E’ ricco di contenuti e di canali multimediali per permettere a tutti gli iscritti, sparsi per il pianeta, di seguire da vicino le sorti della squadra. E’ possiible anche partecipare alle scelte tecniche, ad esempio segnalando nuovi giocatori, ed interagire con mister e squadra sempre attraverso internet. C’è anche un negozio sulla piattaforma cafepress che vende gadget di ogni tipo.

Il Keta Sandlanders F.C. ha ottenuto la benedizione ed il sostegno di Supporters Direct. Se ne sono occupati anche il Guardian

“offre un modello proprietario che potrebbe rappresentare il futuro per molti piccoli club in tutto il mondo”

 il Financial Times

“le tecnologie clobalizzate del 21° secolo possono guidare un progetto che potrà portare enormi benefici ad una comunità deprivata in una nazione in via di sviluppo”

e la rivista della Football Supporters Federation.

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Non solo Champions – di Stefano Faccendini

Posted by thepeoplesgame su 1 aprile 2010

Spesso, quando si parla di calcio e di Manchester e’ soltanto per fare le lodi allo United, di nuovo in lotta per titolo nazionale e Champions League, o, ultimamente, per  seguire la carriera di Roberto Mancini alla corte di sceicchi tanto ricchi quanto fuori posto al City.

Eppure sono altre le notizie che dovrebbero filtrare e attirare l’attenzione. Pochi giorni fa l’FC United of Manchester, la societa’ formata dai tifosi sull’onda dell’indignazione per il passaggio dei Red Devils in mano ad affaristi americani,  ha annunciato il piano, allo studio del Comune, per la costruzione di un proprio stadio. Finora le partite nei bassifondi del calcio amatoriale inglese erano state giocate sul campo del Bury, squadra di League Two, spesso davanti a un numero di tifosi maggiore di quello che si recava a vedere i padroni di casa.

Ma Bury e’ troppo lontana e scomoda da raggiungere e poi non e’ propriamente Manchester. L’ FC ha deciso quindi di spostarsi dentro la citta’, di non essere piu’ ospite in casa propria, nella zona est e precisamente a Newton Heath, esattamente li’ dove nel 1878 si formo’ il Newton Heath L&YR F.C. poi diventato nel 1902 Manchester United.

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Si fa presto a dire Barça

Posted by thepeoplesgame su 18 gennaio 2010

Tanti piccoli Barcelona. Quando in Italia si parla, più – ma soprattutto meno  – seriamente, di azionariato popolare nel calcio, tutti vogliono che il loro club funzioni come quello blaugrana. Che rappresenta, senza dubbio, un ideale, quasi un sogno, sicuramente un perfetto spot per un calcio diverso, ma che rischia di diventare un esempio pericolosamente fuorviante.  Perché quello dei club spagnoli (ci sono anche, ciascuno con le sue peculiarità, Real Madrid, Osasuna ed Athletic Bilbao) è un caso molto particolare, e quello del Barcelona, con la sua connotazione glocal e la profonda identificazione  con la Catalogna, praticamente unico.

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Tifosi impegnati di tutto il mondo… correte!

Posted by thepeoplesgame su 1 dicembre 2009

Si allarga all’Europa ed al mondo la sfida podistica dei tifosi dell’FC United of Manchester (il club  fondato dai tifosi del ManUtd, che ne sono gli unici proprietari ) e del Torino, che dopo l’edizione 2009 di poche settimane fa sono già al lavoro per la minimaratona del prossimo anno, ampliando l’orizzonte e puntando a far conoscere ulteriormente l’importanza dei trust e delle organizzazioni assimilabili.
L’evento coinvolgerà i tifosi che già sono proprietari in tutto o in parte del loro club, e quelli che vogliono diventarlo o che comunque stanno cercando di essere rappresentati nel direttivo: organizzeranno, ciascuno nella propria città, una minimaratona di 5 km.
La metà dei proventi andrà ad un ente benefico a scelta di ciascun gruppo, l’altra metà invece finanzierà l’attività degli stessi tifosi con l’obiettivo di rafforzare la propria voce nelle vicende della propria società. La manifestazione è in programma per domenica 10 o domenica 17 ottobre 2010, o anche in un giorno compreso tra il 9 ed il 17 ottobre del prossimo anno, ovvero durante la settimana d’azione della rete FARE (Football Against Racism in Europe). 
Una minimaratona più o meno in contemporanea che unirà i tifosi inglesi, europei, di tutto il mondo.
Ha detto Antonia Hagemann, responsabile di Supporters Direct Europe: “La Minithon è un’ottima iniziativa per far sì che i tifosi impegnati nel cercare di essere coinvolti nelle decisioni dei loro club possano accrescere la loro notorietà tra la tifoseria nel senso più ampio del termine e all’interno della loro comunità. Possono far conoscere la loro attività e far sapere che non sono soli grazie al fatto che i tifosi dei supporters’ trust e quelli proprietari dei loro club correranno insieme in tutto il mondo.”
Davvero un’iniziativa molto interessante, da seguire, sperando che si riveli un grande successo!

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Azionariato popolare si può… perfino negli USA!

Posted by thepeoplesgame su 30 ottobre 2009

Azionariato popolare… sembra una chimera in Italia eppure ha funzionato, e con successo, addirittura negli USA, forse l’ultimo posto dove si potrebbe pensare.

Uno dei casi più importanti al mondo di club di proprietà dei tifosi è quello dei Green Bay Packers, una squadra di football americano con un assetto proprietario unico oltreoceano. In modo quasi incredibile, l’azionariato diffuso e la struttura non profit hanno resistito non solo al modello sportivo statunitense, basato sugli aspetti più spettacolari e commerciali, ma anche agli estremi sviluppi che esso ha conosciuto negli ultimi anni. Non solo, i Packers sono la squadra che ha vinto più campionati nella storia della NFL, ben dodici, l’unica ad aver vinto, e per ben due volte, tre campionati consecutivi; hanno vinto i primi due Superbowls, nel 1966 e 1967, oltre ad uno più recente nel 1997 e sono la seconda squadra ad aver disputato più finali (solo i Giants hanno giocato per più titoli). Queste caratteristiche ne fanno un caso di successo, sia sportivo che istituzionale, davvero unico nello sport statunitense ed una case history da studiare.

Green Bay, patria dei Packers, è una città del Wisconsin, nel Midwest, zona dalle profonde tradizioni indiane, la cui area metropolitana raggiunge i 200.000 abitanti. La città, detta Titletown per il numero di campionati vinti dalla squadra, ne conta circa 100.000, ed è di gran lunga la più piccola negli Stati Uniti ad essere sede di una franchigia NFL. L’economia della regione è basata sull’industria del legno e della carta, mentre negli ultimi anni l’area si è sviluppata anche come importante centro medico, con tre grandi ospedali, e come principale luogo di confezionamento della carne ad est del fiume Mississippi.

Il club venne fondato nel 1919 da Curly Lambeau, impiegato della della Indian Packing Company che aveva fondato il club, che ne fu il coach dal 1921 al 1949. I Greeb Bay Packers hanno avuto ben tre proprietari nei primi quattro anni di attività, dal 1919 al 1922. Dal primo, la Indian Packing Company, deriva il nome di Packers. Nel 1921 l’ impresa e tutti i suoi assets, compreso il club, furono acquistati da un’altra ditta del settore ed il club venne ammesso a partecipare all’antenata della NFL. Quando la società era già vicina alla bancarotta, la licenza fu revocata per l’uso illegale di alcuni giocatori, per poi essere restituita, con Curly Lambeau come proprietario.

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